Tra le lezioni di Fotororo, un laboratorio fotografico che è parte di un progetto per l'integrazione per la comunità rumena di Roma, ho inserito un ciclo sull'arte romana che ci ha permesso di esplorare alcune concezioni sulla morale pubblica e privata italiana. Ho cercato di estrapolare questi archetipi dalle loro raffigurazioni plastiche - e quando è stato possibile dalla ripresa fotografica di queste rappresentazioni - e di raccontarli come contributo, non univoco, alla comprensione di alcuni comportamenti apparentemente bizzarri della popolazione italiana: il rapporto con il potere e quello con il corpo femminile.
Roma accettò di inglobare nel suo Pantheon il potere del femminino, femminilizzando antiche divinità maschili.
Così fu per Diana e le sue ninfe. Diana è la dea che tutela le nascite, ma è anche colei che ha il dominio sulla durata dei cicli terreni, conferendo sovranità, nel tempo, ad un re dopo l'altro.
In lei il principio femminile mediterraneo si fonde con il principio maschile.
Il femminile dunque nel mondo italico - e quindi latino e romano e ora italiano - congiunse gli archetipi indoeuropei con quelli mediterranei derivandone un posto particolare: una primogenitura segreta e intima che si accompagna a quella maschile, molto più evidente.
Guadando più da vicino la cultura della Roma antica, La fecondità femminile è ciò che più fondamentalmente e intimamente garantisce quell'eternità perseguita dalle doti pubbliche dell'uomo romano e che abbiamo visto essere così contradditoriamente vive.
La donna romana conservava dunque la magia mediterranea della fecondità, fecondità che nell'ottica della cultura indoeuropea si volle porre sotto il controllo di una paternità certa, ma che restò fulcro della fortuna della città.
Fecondità che resta il centro del potere della nuova donna latino-mediterranea. Fecondità capace di attirare a sé il seme del maschio, e che forte di questo suo potere mostra i suo corpo agli occhi desideranti, ammaliando allo scopo di diventare madre. La donna mediterranea si copre e si svela in un gioco di seduzione volto alla fecondità. Irride il desiderio maschile, gioca con esso, sapendo che conquisterà il suo posto privilegiato nel cuore di un altro maschio: il figlio che nascerà a cui lei dedicherà ogni cura, a cui donerà il suo corpo che diventerà da prima casa, poi nutrimento, poi rifugio.
L'esilio del femminile dal potere pubblico ha quindi il suo contrappeso in nella sovranità che mantiene grazie ad un erotismo generatore. Lo stesso si potrà dire nell'ambito delle conoscenze religiose e naturali, cedute al principio maschile della sovranità, ma derivate e conservate intimamente nel femminino così come è dimostrato in molti racconti, come quello del rapporto tra Numa Pompilio, secondo re di Roma, ed Egeria, ninfa ed amante del re, trasformata da Diana nella sorgente dell'acqua sacra di Roma.
E qui veniamo al tema dell'acqua, così intimamente legato alla città di Roma.
La fecondità femminile simbolicamente e religiosamente è legata all'acqua. L'acqua feconda la terra, rende possibile il suo rigoglio ed è all'acqua che le donne fanno ricorso per diventare feconde e ricevere protezione nel momento cruciale del parto. Questo legame tra acqua, femminilità e sacralità vive ancor oggi trasposto nel simulacro della Vergine Maria, che nelle sue raffigurazioni miracolose viene spesso incastonata nelle rocce, eredi dei ninfei dove la ninfe personificavano le sorgenti fecondatrici.
L'acqua di Roma, delle sue fontane, nasconde poi un altro significato, anch'esso sacro: il più delle volte l'acqua che sgorga è racchiusa in forme circolari e il cerchio è la rappresentazione di ciò che è di questo mondo, della Terra, contrapposta al Cielo, con il quale si dialoga attraverso forme quadrate, inaugurate nelle loro quattro direzioni, possibili solo tramite l'orientamento che non può che avvenire guardando il cielo, sopra di noi.
L'acqua, dunque, racchiusa nel cerchio di ciò che è terreno, feconda il tempo, rende possibile la storia: l'acqua feconda la storia di Roma, perpetuandola.
E Roma nel corso del tempo si assicurerà fiumi naturali e artificiali a renderla sempre più feconda. Al Tevere si accompagneranno 11 acquedotti che alimenteranno fontane, terme, stadi navali: Roma, la Regina delle Acque, feconda, eterna.
Le tesi esposte in questo articolo prendono le mosse dal testo di
L'osservazione accurata delle fontane di Roma, nel momento in cui le andiamo a fotografare, ci può far comprendere meglio l'essenzialità di questo elemento architettonico nella vita della città, nella rappresentazione che essa da di sé e nell'identità che costruisce.
Le fontane di Roma e la presenza dell'acqua, nelle sue varie forme, sono strettamente legate al desiderio di perpetuare in eterno la storia della città e la fortuna dei suoi abitanti, tramite il principio femminile e generatore delle acque. Vediamo ora come questo connubio di acqua, femminilità e sovranità imperitura si è andato costruendo e come ancora adesso lo possiamo ritrovare in una concezione del femminile che ha una sua peculiare rappresentazione che ne mette in risalto l'erotismo generatore.
Roma accettò di inglobare nel suo Pantheon il potere del femminino, femminilizzando antiche divinità maschili.
Così fu per Diana e le sue ninfe. Diana è la dea che tutela le nascite, ma è anche colei che ha il dominio sulla durata dei cicli terreni, conferendo sovranità, nel tempo, ad un re dopo l'altro.
In lei il principio femminile mediterraneo si fonde con il principio maschile.
Il femminile dunque nel mondo italico - e quindi latino e romano e ora italiano - congiunse gli archetipi indoeuropei con quelli mediterranei derivandone un posto particolare: una primogenitura segreta e intima che si accompagna a quella maschile, molto più evidente.
Guadando più da vicino la cultura della Roma antica, La fecondità femminile è ciò che più fondamentalmente e intimamente garantisce quell'eternità perseguita dalle doti pubbliche dell'uomo romano e che abbiamo visto essere così contradditoriamente vive.
La donna romana conservava dunque la magia mediterranea della fecondità, fecondità che nell'ottica della cultura indoeuropea si volle porre sotto il controllo di una paternità certa, ma che restò fulcro della fortuna della città.
Fecondità che resta il centro del potere della nuova donna latino-mediterranea. Fecondità capace di attirare a sé il seme del maschio, e che forte di questo suo potere mostra i suo corpo agli occhi desideranti, ammaliando allo scopo di diventare madre. La donna mediterranea si copre e si svela in un gioco di seduzione volto alla fecondità. Irride il desiderio maschile, gioca con esso, sapendo che conquisterà il suo posto privilegiato nel cuore di un altro maschio: il figlio che nascerà a cui lei dedicherà ogni cura, a cui donerà il suo corpo che diventerà da prima casa, poi nutrimento, poi rifugio.
L'esilio del femminile dal potere pubblico ha quindi il suo contrappeso in nella sovranità che mantiene grazie ad un erotismo generatore. Lo stesso si potrà dire nell'ambito delle conoscenze religiose e naturali, cedute al principio maschile della sovranità, ma derivate e conservate intimamente nel femminino così come è dimostrato in molti racconti, come quello del rapporto tra Numa Pompilio, secondo re di Roma, ed Egeria, ninfa ed amante del re, trasformata da Diana nella sorgente dell'acqua sacra di Roma.
E qui veniamo al tema dell'acqua, così intimamente legato alla città di Roma.
La fecondità femminile simbolicamente e religiosamente è legata all'acqua. L'acqua feconda la terra, rende possibile il suo rigoglio ed è all'acqua che le donne fanno ricorso per diventare feconde e ricevere protezione nel momento cruciale del parto. Questo legame tra acqua, femminilità e sacralità vive ancor oggi trasposto nel simulacro della Vergine Maria, che nelle sue raffigurazioni miracolose viene spesso incastonata nelle rocce, eredi dei ninfei dove la ninfe personificavano le sorgenti fecondatrici.
L'acqua di Roma, delle sue fontane, nasconde poi un altro significato, anch'esso sacro: il più delle volte l'acqua che sgorga è racchiusa in forme circolari e il cerchio è la rappresentazione di ciò che è di questo mondo, della Terra, contrapposta al Cielo, con il quale si dialoga attraverso forme quadrate, inaugurate nelle loro quattro direzioni, possibili solo tramite l'orientamento che non può che avvenire guardando il cielo, sopra di noi.
L'acqua, dunque, racchiusa nel cerchio di ciò che è terreno, feconda il tempo, rende possibile la storia: l'acqua feconda la storia di Roma, perpetuandola.
E Roma nel corso del tempo si assicurerà fiumi naturali e artificiali a renderla sempre più feconda. Al Tevere si accompagneranno 11 acquedotti che alimenteranno fontane, terme, stadi navali: Roma, la Regina delle Acque, feconda, eterna.
Georges Dumézil "La religione romana arcaica. Miti , leggende, realtà"