sabato 28 maggio 2011

La donna e l'acqua tra Roma e il mediterraneo: una storia di fertilità per conquistare l'eterno


Tra le lezioni di  Fotororo, un laboratorio fotografico che è parte di un progetto per l'integrazione per la comunità rumena di Roma, ho inserito un ciclo sull'arte romana che ci ha permesso di esplorare alcune concezioni sulla morale pubblica e privata italiana. Ho cercato di estrapolare questi archetipi dalle loro raffigurazioni plastiche - e quando è stato possibile dalla ripresa fotografica di queste rappresentazioni - e di raccontarli come contributo, non univoco, alla comprensione di alcuni comportamenti apparentemente bizzarri della popolazione italiana: il rapporto con il potere e quello con il corpo femminile.

L'osservazione accurata delle fontane di Roma, nel momento in cui le andiamo a fotografare, ci può far comprendere meglio l'essenzialità di questo elemento architettonico nella vita della città, nella rappresentazione che essa da di sé e nell'identità che costruisce.
Le fontane di Roma e la presenza dell'acqua, nelle sue varie forme, sono strettamente legate al desiderio di perpetuare in eterno la storia della città e la fortuna dei suoi abitanti, tramite il principio femminile e generatore delle acque. Vediamo ora come questo connubio di acqua, femminilità e sovranità imperitura si è andato costruendo e come ancora adesso lo possiamo ritrovare in una concezione del femminile che ha una sua peculiare rappresentazione che ne mette in risalto l'erotismo generatore.

Roma accettò di inglobare nel suo Pantheon il potere del femminino, femminilizzando antiche divinità maschili.
Così fu per Diana e le sue ninfe. Diana è la dea che tutela le nascite, ma è anche colei che ha il dominio sulla durata dei cicli terreni, conferendo sovranità, nel tempo, ad un re dopo l'altro.
In lei il principio femminile mediterraneo si fonde con il principio maschile.
Il femminile dunque nel mondo italico  - e quindi latino e romano e ora italiano - congiunse gli archetipi indoeuropei con quelli mediterranei derivandone un posto particolare: una primogenitura segreta e intima che si accompagna a quella maschile, molto più evidente.
Guadando più da vicino la cultura della Roma antica, La fecondità femminile è ciò che più fondamentalmente e intimamente garantisce quell'eternità perseguita dalle doti pubbliche dell'uomo romano e che abbiamo visto essere così contradditoriamente vive.

 La donna romana conservava dunque la magia mediterranea della fecondità, fecondità che nell'ottica della cultura indoeuropea si volle porre sotto il controllo di una paternità certa, ma che restò fulcro della fortuna della città.
Fecondità che resta il centro del potere della nuova donna latino-mediterranea. Fecondità capace di attirare a sé il seme del maschio, e che forte di questo suo potere mostra i suo corpo agli occhi desideranti, ammaliando allo scopo di diventare madre. La donna  mediterranea si copre e si svela in un gioco di seduzione volto alla fecondità. Irride il desiderio maschile, gioca con esso, sapendo che conquisterà il suo posto privilegiato nel cuore di un altro maschio: il figlio che nascerà a cui lei dedicherà ogni cura, a cui donerà il suo corpo che diventerà da prima casa, poi nutrimento, poi rifugio.


L'esilio del femminile dal potere pubblico ha quindi il suo contrappeso in nella sovranità che mantiene grazie ad un erotismo generatore. Lo stesso si potrà dire nell'ambito delle conoscenze religiose e naturali, cedute al principio maschile della sovranità, ma derivate e conservate intimamente nel femminino così come è dimostrato in molti racconti, come quello del rapporto tra Numa Pompilio, secondo re di Roma, ed Egeria, ninfa ed amante del re, trasformata da Diana nella sorgente dell'acqua sacra di Roma.

 E qui veniamo al tema dell'acqua, così intimamente legato alla città di Roma.
La fecondità femminile simbolicamente e religiosamente è legata all'acqua. L'acqua feconda la terra, rende possibile il suo rigoglio ed è all'acqua che le donne fanno ricorso per diventare feconde  e ricevere protezione nel momento cruciale del parto. Questo legame tra acqua, femminilità e sacralità vive ancor oggi trasposto nel simulacro della Vergine Maria, che nelle sue raffigurazioni miracolose viene spesso incastonata nelle rocce, eredi dei ninfei dove la ninfe personificavano le sorgenti fecondatrici.

L'acqua di Roma, delle sue fontane, nasconde poi un altro significato, anch'esso sacro: il più delle volte l'acqua che sgorga è racchiusa in forme circolari e il cerchio è la rappresentazione di ciò che è di questo mondo, della Terra, contrapposta al Cielo, con il quale si dialoga attraverso forme quadrate, inaugurate nelle loro quattro direzioni, possibili solo tramite l'orientamento che non può che avvenire guardando il cielo, sopra di noi.

L'acqua, dunque, racchiusa nel cerchio di ciò che è terreno, feconda il tempo, rende possibile la storia: l'acqua feconda la storia di Roma, perpetuandola.
E Roma nel corso del tempo si assicurerà fiumi naturali e artificiali a renderla sempre più feconda. Al Tevere si accompagneranno 11 acquedotti che alimenteranno fontane, terme, stadi navali: Roma, la Regina delle Acque, feconda, eterna.

Le tesi esposte in questo articolo prendono le  mosse dal testo di 
Georges Dumézil "La religione romana arcaica. Miti , leggende, realtà"

martedì 24 maggio 2011

Fotografare l'arte III. Volti romani. Provvisorietà dell'esperienza umana e responsabilità civile nell'immaginario di Roma

Guardiamo insieme questa galleria di immagini scattate nei Musei Capitolini da Marco Delogu, uno dei maggiori fotografi italiani contemporanei.
Marco Delogu è un maestro dell'arte di ritrarre le opere d'arte, ne abbiamo un esempio anche in queste foto del satiro danzante di Mazzara del Vallo. Nel caso dei ritratti dei busti romani si uniscono la sua capacità di lettura delle opere con il carattere peculiare della ritrattistica romana. Questa derivava infatti dall'uso di conservare le maschere di cera dei visi dei defunti, privilegio esclusivo delle famiglie patrizie. Questo uso aveva lo scopo di conservare memoria del valore delle azioni compiute dai defunti per il bene della comunità al fine preservare il potere delle famiglie patrizie e di spingere i giovani di quelle stesse famiglie ad essere all'altezza dei loro antenati.
Scrive Polibio:
"Quando qualche illustre personaggio muore, celebrandosi le esequie, è portato con ogni pompa nel Foro pressi i cosiddetti Rostri e ivi posto quasi sempre dritto e ben visibile, raramente supino.
Mentre tutto il popolo circonda il feretro, il figlio, se ne ha uno maggiorenne e se è presente, o in mancanza qualcun altro della famiglia, sale sulla tribuna, rammenta le virtù del morto e le imprese felicemente compiute in vita […]
Dopo la laudatio funebris, il morto si seppellisce con gli usuali riti funebri e la sua immagine, chiusa in un reliquiario di legno, viene portata nel luogo più visibile della casa.
L’immagine è una maschera di cera che raffigura con notevole fedeltà la fisionomia e il colorito del defunto. In occasione di pubblici sacrifici espongono queste immagini e le onorano con ogni cura; e quando muore qualche illustre parente le portano in processione nei funerali, applicandole a persone che somigliano agli originali per statura ed aspetto esteriore. […] Non è facile per un giovane che aspiri alla fama e alla virtù vedere uno spettacolo più bello di questo […]
Quando ha finito di parlare del morto, l’oratore incaricato dell’elogio funebre ricorda i successi e le imprese dei suoi antenati, dei quali sono presenti le immagini, cominciando dal più antico. Così, rinnovandosi continuamente la fama di virtù degli uomini valorosi, si immortala la gloria di coloro che hanno compiuto qualche nobile impresa e il nome di coloro che hanno servito bene la patria è conosciuto da tutti e si trasmette ai posteri. E, quel che più importa, i giovani sono spinti a sopportare tutto per procacciarsi la gloria che si accompagna ai valorosi".
 In questi ritratti fotografici vediamo così risaltare la proprietà di queste sculture di rimandarci una rappresentazione realistica della persona che coniuga il senso di dignità e di provvisorietà dell'esperienza umana. A questa percezione, tutta terrena, della vita si univa la severità delle doti pubbliche richieste ad uomini che vivevano avendo come dettame morale la difesa e l'espansione della loro città.
 Questa categoria morale, severa e laica, che antepone il bene pubblico a quello privato, soprattutto nei momenti di estrema difficoltà, è ancora viva.  E' la richiesta che la "società civile" italiana fa alla sua classe dirigente ed è la misura della distanza tra politica ideale e quella reale del nostro Paese. E', nello stesso tempo, parte di quella dote che permette all'Italia di risorgere dai suoi momenti più infelici.

venerdì 20 maggio 2011

Fotografare l'arte II. Angeli barocchi. Passione e responsabilità civile nell'immaginario di Roma

Gli angeli che abbiamo fotografato a Ponte Sant'Angelo sono nettamente diversi dai molti angeli che vengono raffigurati nelle arti plastiche di altri parti del mondo. Non sono figure fanciullesche o femminili, non sono presenze eteree. Sono vigorosi corpi giovanili, posti sul Ponte che accoglie i pellegrini che arrivano in Vaticano, ossia nella porzione più propriamente cristiana della città di Roma. Sono "angeli civici", conservano, pur se coniugato con il carattere religioso dei simboli che li accompagnano, quel carattere preminente pubblico proprio della città di Roma che si esprime anche nel vigore e nella carnalità dei corpi strumento della sua vitalità.
Anche negli angeli del ponte dunque, Roma riflette il suo carattere di città che conserva le tracce del suo passato, legato indissolubilmente alla Roma Antica.  Nella Roma Antica, infatti, la religiosità aveva un carattere preminentemente pubblico, serviva a preservare la città e la sua fortuna.
Il permanere di molte concezioni di derivazione antica nella cultura e nei comportamenti cittadini è particolarmente visibile nell'arte. Un artista che debba produrre un'opera al giorno d'oggi così come nella Roma barocca, tanto più se questa dovrà far parte dell'arredo urbano della città, è costretto a fare i conti con un passato i cui resti sono così monumentalmente visibili. Questo sentimento  è espresso ad esempio nelle parole di Goethe, che volle soggiornare a Roma:
"Quando si considera un'esistenza come quella di Roma, vecchia di oltre duemila anni e più, e si pensa che è pur sempre lo stesso suolo, lo stesso colle, sovente perfino le stesse colonne e mura, e si scorgono nel popolo tracce dell'antico carattere, ci si sente compenetrati dei grandi decreti del destino."
Dunque, per capire Roma è necessario tener presente l'eredità che la sua storia le ha lasciato. Eredità fatta di una concezione della vita che poggia su principi molti differenti da quelli a cui fa riferimento attualmente la cultura occidentale.
La fotografia, dandoci l'occasione di soffermarci con maggiore attenzione su ciò che vediamo, ci aiuta a decifrare alcuni messaggi, posti spesso nelle opere d'arte, che ci parlano di questa eredità che rende la mentalità romana e italiana più ricca di sfumature e di significati rispetto a ciò che normalmete si è portati a pensare.

venerdì 6 maggio 2011

Fotografare l'arte: Ponte Sant' Angelo

Roma è un luogo dove gli uomini hanno fatto grandi sogni e li hanno realizzati nella pietra.
Questi sogni sono ancora qui: si possono sentire, vedere, toccare.
Sono disponibili ai nostri sensi insieme all'acqua del fiume e delle fontane.
Questa è la magia di Roma. 

Il prossimo incontro sarà dedicato ad una sessione fotografica a Ponte Sant'Angelo.

Sarà il nostro primo incontro, come gruppo FOTORORO, con la complessità e la potenza della storia e dell'arte della città in cui ci troviamo a vivere.
Ponte Sant'Angelo ha come primo motivo di interesse quello di essere il punto di congiunzione tra la città romana e la città cristiana. Attraversando questo ponte  si passa infatti dal Campo Marzio alla zona del Vaticano. Le statue presenti sul ponte, a ben guardare, trasmettono le presenza di queste due anime: la Roma pagana e la Roma cristiana si incontrano e nella sensualità e nella sacralità di questi angeli e arcangeli barocchi.

Nel breve testo che segue possiamo trovare gli aspetti più importatni relativi alla scultura barocca e alle statue poste sul ponte Sant' Angelo:

Ponte sant’Angelo, una Via Crucis barocca
La città barocca si arricchisce di statue, anche di grandi dimensioni; con i loro andamenti complessi e la ricchezza di dettagli, infatti, esse danno alla scena urbana un carattere dinamico e consentono di percepire le continue variazioni di luminosità nell’arco della giornata.
Le statue, inoltre, sono utilizzate come elemento visivo di passaggio tra le parti edificate e il cielo. Un esempio significativo di sculture realizzate a scala urbana è il Ponte Sant’Angelo a Roma.
Fu costruito in Età romana, nel II secolo, per collegare la città con il Mausoleo di Adriano. Esso rappresenta il principale attraversamento del fiume per chi deve dirigersi in San Pietro, passaggio obbligato di tutte le processioni religiose. Per questo motivo, tra il 1667 e il 1669, papa Clemente IX fece porre lungo il ponte otto statue di angeli ispirate alla passione. Ogni angelo porta uno strumento della passione di Cristo: la croce, la colonna, la lancia, la corona di spine, il cartiglio, ecc. A questi vennero aggiunte altre due statue di Arcangeli.
La realizzazione fu affidata ad allievi di Bernini, su disegni del maestro.
da Arte Atlas
Roma. Cielo, Acqua, Sacralità, Sensualità

IMG_5101IMG_5068.JPGIMG_0330IMG_5119IMG_5114IMG_5084.JPG
IMG_0331IMG_5138IMG_0345IMG_5135.JPGAcqua al tramontoSan Pietro dall'acqua
San Pietro dall'acqua IIDa Ponte Sant'AngeloCielo e pietraCielo e pietra IIIMG_0039.JPGAcqua nel Parco a Roma
ROMA, un set su Flickr.

venerdì 29 aprile 2011

Fotografando a Villa Pamphili

 Ci siamo dati appuntamento a Villa Pamphili per fotograre alberi, fiori e pollini volanti.
L'impegno è che ognuno scelga le sue 10 foto migliori e le pubblichi sulla nostra pagina di Facebook. Riceverà poi per posta suggerimenti e suggestione dalla "maestra".
La settimana prossima parleremo tutti insieme delle nostre foto, confronteremo i nostri stili e lavoreremo sull'elaborazione.

martedì 26 aprile 2011

E' arrivato il momento scattare le nostre foto !

Cari ragazzi, 
è arrivato il momento di mettersi alla prova ! 
Avete qualche nozione su come funzioni la vista negli esseri umani, su come funzioni una macchina fotografica digitale, avete visto fotografie naturalistiche, di reportage e la naturalezza delle foto scattate da un ragazzo ad un suo gruppo di amici. Ora siete pronti. Scattare fotografie è un atto semplice, che non richiede in sé grandi competenze tecniche. Ciò che richiede è la capacità di aprirsi e di entrare in comunicazione con ciò che vi circonda. Ciò che richiede è uno spazio nella vostra mente, un tempo di quiete che vi dia la possibilità aprirvi e guardare, ascoltare e vedrete: ciò che vi sta intorno comincerà a dialogare con voi. A quel punto voi dovrete solo scattare. Le difficoltà tecniche che troverete tenetele a mente ma non lasciate che vi ostacolino. Per il momento, se non trovate la soluzione facilmente, aggiratele. Le risolveremo insieme in un secondo tempo.

Vi saluto con le parole di Trungpa Rimpache, un uomo che pensava che l'arte, come pratica, come disciplina, potesse aiutare gli esseri umani

Il messaggio che voglio darvi,
si riassume nell'apprezzare la natura delle cose tali e quali esse sono
ed esprimerla senza la lotta dei pensieri e delle paure.
Lasciamo cadere l'aggressività verso noi stessi,
l'obbligo di sforzarci di impressionare gli altri
e l'aggressività verso gli altri
- ossia il desiderio che le cose siano esattamente in una certa maniera.
E' semplice: l'arte autentica
é l'attività della non aggressività.

Chogyam Trungpa

mercoledì 20 aprile 2011

Il presente Eroico. Fotografie di Jan Yoors

Andiamo a vedere le foto di un ragazzo che a 12 anni scelse di vivere insieme ad una comunità zingara. Scattò foto ai suoi amici per cinque anni dal 1934 al 1939. Poi scoppiò la guerra, lui aveva ormai 18 anni e si arruolò per la guerra...